04/05/2020 COVID-19, RISCHIO-TSUNAMI NEI TRIBUNALI
La pandemia potrebbe portare, nella Rc sanitaria, a un aumento del contenzioso fra assicurati e compagnie. Lo ha affermato Irene Vinci, avvocato del Foro di Milano, nel corso del convegno Normare l'emergenza, che si è svolto sabato scorso in streaming sulla piattaforma Zoom.
"Varie polizze", continua l'avvocato dello studio Paolo Vinci & Associati, "oltre a includere franchigie o soglie (per cui il danno verrà sopportato dalla struttura sanitaria e dal medico assicurato), prevedono esclusioni. E non è scontato che un evento improvviso e non controllabile rientri nei casi coperti. Occorrerà, quindi analizzare polizza per polizza per comprendere che cosa è garantito e cosa no. Le strutture, soprattutto se pubbliche, vorranno essere coperte dai propri assicuratori. Quindi si deciderà caso per caso, tenendo conto anche di un principio secondo cui, in caso di dubbio, il contratto sarà interpretato a favore della parte più debole, cioè l'assicurato"
A ogni modo, i contenziosi per medical malpractice post-Covid sono destinati a crescere, e anche di molto. Lo si è sottolineato a più riprese nel corso del webinar - aggiornamento di due convegni precedenti, organizzati dall'università Meier a Lecce (maggio 2019) e al palazzo di giustizia di Milano (14 febbraio 2020) - che è stato introdotto e moderato da Paolo Vinci (nella foto scattata durante la conferenza).
Già ora in Lombardia, ha affermato Roberto Tanisi, presidente del Tribunale di Lecce, alcuni avvocati hanno persino provveduto ad "arringare le famiglie degli scomparsi per richiedere le cartelle cliniche, altri legali hanno chiesto di acquisire tutte le informazioni possibili di eventuali mancate assistenze, altri ancora si sono mossi per difendere difendere i medici"; questo fenomeno ha provocato l'intervento (molto duro) degli ordini forensi della Lombardia.
Ma in epoca di coronavirus tutto è diverso da prima. Anche l'organizzazione delle strutture sanitarie. "Ci troviamo in uno scenario in cui lo stesso approccio alla gestione del rischio clinico vede mutare di colpo l'essenza delle buone pratiche", ha detto Matteo Caputo, docente all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. "Ciò che non era lecito, oggi è indispensabile. Per esempio: la telemedicina, che era l'extrema ratio, ora diventa una normale pratica".
"Interi reparti sono stati trasformati in Covid hospital, tutti i medici sono stati riversati nella lotta al virus, anche se con altre specializzazioni", gli ha fatto eco Giulia Messina, giudice della V sezione penale del Tribunale di Milano. Nei bandi lanciati per rinfoltire la pattuglia dei dottori "era sufficiente la laurea in medicina. Per esempio, un oculista è stato mandato ad intubare, dopo un corso di poco più di un giorno. In questa situazione, sfido chiunque a non individuare casi di imperizia ed errori tecnici, su ambiti che lo specialista di un altro settore aveva spesso studiato solo sui libri dell'università. Per non parlare dei ritmi con cui gli operatori sanitari sono stati costretti a lavorare". Insomma, "bisogna basarsi sulla tipicità della situazione clinica in cui il medico si è trovato a operare, declinare il rischio che il sanitario ha corso valutandone poi la responsabilità".
Se è tutto nuovo e se l'emergenza ha costretto i sanitari a operare in un modo completamente inedito, potrebbe essere utile approvare uno scudo penale per medici e sanitari? No, secondo Elsa Valeria Mignone, procuratore aggiunto alla Procura di Lecce. Che precisa: è sufficiente valutare "in funzione del contesto concreto in cui ci si trova a operare. Quindi non serve una legislazione di emergenza, perché sarebbe come presupporre una presunta incapacità di operare nei nostri presidi ospedalieri. Ci siamo trovati di fronte a una novità assoluta in campo scientifico: per questo non c'è bisogno di ricorrere a quello scudo penale che è stato evocato da più parti". Piuttosto, prosegue Mignone, è utile "contestualizzare la condotta del medico e valutare le situazioni. Non esistono raccomandazioni e linee guida, è vero, ma questo non significa che la legislazione non sia adeguata".
E infatti, le proposte di scudo penale (tra l'altro "di dubbia costituzionalità", come ricorda Tanisi) non hanno avuto seguito. Inoltre, queste misure puntavano a proteggere anche "dirigenti di aziende sanitarie, regioni, politica in senso ampio", ha osservato Tanisi, "impedendo ai medici di contestare inadempienze sulla sicurezza sul lavoro. Facendo pensare che, più che tutelare il personale sanitario, fossero finalizzate ad altro. Non per niente, i primi a insorgere contro questa proposta sono stati proprio i medici. E quindi non se ne è fatto nulla". Almeno per ora.
"I numeri sembrerebbero dirci che i medici in tribunale ci finiranno, ma non solo sul banco degli imputati, bensì anche come danneggiati", ha puntualizzato Irene Vinci. Tra il personale sanitario c'è chi ha perso la vita, o ha avuto gravi danni alla salute, oppure disturbi post-traumatici da stress. Ci sarà, dunque un alto numero di contenziosi da gestire anche nell’ambito delle cause di lavoro".