25/10/2019 OBIETTIVO: SEMPLIFICAZIONE
Semplificare linguaggio, contratti e approccio con gli assicurati non è solo una scelta di civiltà e di logica, ma anche un preciso obbligo normativo. A che punto è il settore in questo percorso? E quali saranno le conseguenze per compagnie, intermediari e clienti? Se ne è parlato a Milano, nel corso del convegno in cui Cgpa Europe ha presentato la sesta edizione dell'Osservatorio europeo degli intermediari assicurativi, realizzato in partnership con il Monitoring european distribution of insurance. Un documento che quest'anno ha confrontato e commentato le sentenze di sette paesi sull'obbligo di consulenza a carico dell'intermediario. E ha mostrato il termometro dell'intermediazione assicurativa, con la flessione progressiva degli agenti (dai 35.942 del 2013 ai 27.979 del 2018), la crescita dei broker (da 5.285 a 5.710) e il forte decremento dei produttori diretti (da 8.563 a 3.669).
Gli interventi possibili. Il tema della semplificazione è stato affrontato in uno studio, realizzato dall’Observatory on the insurance market dell’università Bocconi e curato dal suo direttore Patrizia Contaldo, che lo ha presentato nel corso del convegno. Ricordando che il cambiamento è stato avviato da tre fattori: normative, irruzione delle insurtech e reazione del settore.
"La semplificazione è un valore aggiunto per l'attvità di intermediazione: la migliore comprensione di prodotti e condizioni, favorita dai principi della nuova disciplina, può contribuire a ridurre la distanza tra i bisogni della clientela e le proposte del settore. Favorendo la diffusione della cultura assicurativa”
Ma dove si può intervenire? Prima di tutto rendendo i contratti comprensibili e possibilmente brevi, senza naturalmente omettere le informazioni essenziali, ma evitando quei continui rimandi ad articoli di legge. "Il tempo è una risorsa", puntualizza il direttore dell'Observatory on the insurance market dell’università Bocconi. "Chiediamocelo: come usiamo il tempo dei nostri clienti?". Poi, dice Contaldo, occorre cambiare la struttura, riorganizzando ordinatamente le informazioni. .
A che punto sono le compagnie? Ancora distanti dalla meta, se è vero che sì, stanno "rivisitando i contratti cercando di dare una grafica accattivante, che però non sempre semplifica la lettura". E la compliance? Non certo raggiunta: se "meno della metà tiene conto delle indicazioni del regolamento".
Importanti sono anche grafica e sintassi: "è possibile rendere i contratti più brevi riducendo i rimandi agli articoli di legge, ma anche utilizzando in modo più controllato avverbi e aggettivi e riorganizzando i contenuti, mettendo in evidenza il tema principale. Ma anche riducendo le parole per frase: massimo 20, che è poi lo standard che soi usa quando si insegna una lingua. Bisogna limitare l'uso delle subordinate: tanti incisi fanno perdere il valore aggiunto".
Infine, il linguaggio: alt alle espressioni in burocratese e assicurese che fanno venire il mal di testa (e tolgono la voglia di leggere il contratto). "Bisogna, ancora una volta, semplificare gli atteggiamenti e rendersi chiari, evitando termini come "allorquando", "resta inteso che", "pigioni". Ma questo intervento deve avvenire a livello di sistema". Stesso discorso per acronimi e termini che potrebbero indurre in errore il cliente: "se si scrive premium o plus, l'assicurato è autorizzato a capire che si parli di un servizio superiore: non bisogna fargli pensare che dietro questi termini si nasconde qualcosa che non c'è".
Il parere di agenti e broker. Ma che cosa ne pensano gli intermediari? A rispondere ci ha pensato la successiva tavola rotonda (nella foto), che ha riunito rappresentanti di associazioni di categoria e di gruppi agenti sotto la moderazione di Maria Rosa Alaggio, direttore responsabile di Insurance Trade. Che è partita da un'iniziativa di semplificazione lanciata da Sna dieci anni fa, rievocata dalla sua vicepresidente Elena Dragoni. Il sindacato "aveva studiato 73 capitolati di polizza, mettendo a confronto tre elementi: oggetto dell'assicurazione, limitazioni di garanzia, ed esclusioni-rivalse"; ricorda Dragoni. "Era emersa l'inadeguatezza del contratto, anche se allora questo risultato non aveva la valenza dei tempi odierni, caratterizzati dalle normative europee. Ricordo anche problemi di scrittura: venivano stabilite rivalse non nei confronti del proprietario o del conducente, ma... del veicolo. Insomma: c'erano strafalcioni nei contenuti. E l'agente non li poteva correggere".
Solo consigliare. Un'attività che a volte è indispensabile. "Alcune parti dei contratti fanno capo a norme del codice civile", dice Luca Franzi de Luca, presidente dell'Aiba. "Ma se l'assicurato non ha un professionista che gli spieghi, come fa a capirlo?". Soprattutto se il testo è lungo e ostico: "anch'io che leggo le polizze per mestiere faccio fatica a arrivare a pagina 10". C'è molto da lavorare. Evitando anche il rischio di un "eccesso del tentativo di semplificazione", che avrebbe "un effetto distraente rispetto al vero contenuto della polizza".
"Alcuni termini devono rimanere uguali: parliamo pur sempre di contratti", gli fa eco Paolo Iurasek, vicepresidente di Anapa. "E' chiaro che poi l'intermediario deve avere la capacità di spiegare il prodotto". E anche qui, la semplificazione è importante perché, dice Iurasek, "rendere la polizza leggibile anche agli intermediari non sarebbe male".
I contratti "sono scritti con una terminologia che è di difficile comprensione persino per noi", concorda Luigi Viganotti, presidente di Acb. "Rispetto al passato non è cambiato nulla. Oltretutto, se si parla di consulenza, non ci si riferisce solo alle spiegazioni date al cliente su terminologia o garanzie di polizza: questa attività inizia molto prima. È l'ultimo tassello. Prima bisogna fare emergere i bisogni dell'assicurato tramite una serie di indagini informative".
Idd. A proposito di consulenza, e diIdd, che di fatto la rende cosa diversa dalla distribuzione, "la categoria è discretamente confusa", sostiene Donato Lucchetta, presidente del gruppo agenti Cattolica. "Non è possibile davvero distinguere tra le due cose: l'intermediario non può non essere consulente e viceversa. Un intermediario non consulente non ha ragione di esistere".
Secondo Laura Puppato, responsabile rapporti istituzionali di Agit, la normativa ha però anche aspetti positivi. "Ci permette di dire la nostra", sostiene: "siamo tenuti a informare le compagnie dell'inadeguatezza dei nostri contratti. Possiamo utilizzare un'arma che prima non avevamo: ora il cliente deve essere centrale anche per le compagnie. E questa è una novità".
Il nuovo ruolo degli intermediari è però ostacolato dal carico burocratico. Questo gravame, dice Salvatore Palma, vicepresidente vicario del Gruppo agenti professionisti Cattolica, "ci obbliga a distrarre risorse che dovrebbero essere messe nel prestare attenzione al cliente e soddisfarlo con prodotti assicurativi all'altezza".
E lle polizze standardizzate non possono farlo. "Avere prodotti già scritti, che non possono essere modificati è un problema, e determina l'impossibilità di renderli disponibili per tutti", afferma Massimo Uncini, presidente del gruppo agenti Italiana Assicurazioni. "Se pensiamo che ogni cliente è diverso dall'altro, come si puo distribuire un prodotto per tutti?".
Insomma: occorre semplificare senza standardizzare. E la consulenza fa sempre bene. Anche in rami, come la Rc auto, che sembrano semplici e invece non lo sono. "Se un cliente entra su un portale e acquista la polizza". Sottolinea Claudio Tomiato, presidente del Gruppo intermediari assicurativi Italiana, "non credo che sia in grado di stabilire clausole, franchigie e scoperti".
Alberto Mazza